Robert Pitti
Stile di vita toscano e internazionale allo stesso tempo, come il percorso di vita del Conte. Alle soglie del Novecento la tenuta apparteneva alla Contessa Pauline de Bearn, figlia dei Conti Valery di Corsica, che la amministrava insieme al marito Charles Pitti Ferrandi, erede di quel celeberrimo Ferrando Pitti che attentò, senza riuscirci, alla vita dei De’ Medici nella Congiura dei Pazzi. Dal loro matrimonio, nacque nel 1923 Robert Pitti.
Il suo DNA è un concentrato di storia e cultura: tra i suoi antenati si annoverano i Tourville, i Laroche Foucault, i Polignac, i D’Albert, persino i fisici de Broglie e il famigerato Gastone di Foix. Nipote del Conte Biscaretti di Ruffia, tra i fondatori della Fiat, e dell’eroe di guerra Hector de Bearn, il Conte si è sempre sentito prima di tutto italiano, fiero del retaggio dei Pitti.
Ma è nel mondo della finanza internazionale che il Conte ha raggiunto i massimi livelli, arrivando a far parte del comitato organizzativo dei Bildeberg meetings. Lì ha potuto entrare in confidenza con finanzieri, industriali e politici del calibro di David Rockfeller, Lord Home, Alexander Haig, Giovanni Agnelli, Marcus Wallenberg, Henry Heinz, Walter Johnson, la figlia di Churchill, la regina d’Olanda, Golda Meir, Henry Kissinger, Margaret Thatcher, Giscard d’Estaing, Mitterand, Reagan.
Queste alte frequentazioni e i numerosi viaggi non gli hanno impedito di rimanere solidamente ancorato alle proprie origini e ai luoghi a lui più cari, prima fra tutti la Tenuta Torre a Cenaia, alla quale ha accettato di lasciare in eredità nome e stemma di famiglia unitamente alla denominazione Cenaja Antica Proprietà dei Pitti: “Per ragioni sentimentali,” ha affermato in un’intervista al magazine Gentleman, “visto che vi ho trascorso l’infanzia e l’adolescenza, portandomi dietro tanti ricordi felici quando, con molto rimpianto, ci trasferimmo in Francia dopo aver venduto la tenuta”. Il legame tra gli ottimi vini che si producono a Cenaia e il suo nome lo ha reso particolarmente fiero: è così infatti che un conte Pitti si è conquistato un posto di tutto rispetto tra i tanti baroni e marchesi dell’aristocrazia toscana del vino.
E, nonostante la damnatio memoriae attuata dai Medici a danno dei suoi antenati, il Conte ha conservato la fierezza tipica dei Pitti che ancora oggi vive nella toponomastica e nell’architettura di una delle più belle città del mondo, Firenze. In piazza Pitti, di fronte al celeberrimo palazzo, lo stemma di famiglia ha resistito ai secoli: “Sono contento che, tra tante palle medicee, sulla cantonata spicchi ancora solidissimo lo stemma dei Pitti”.